Per la città metropolitana di venezia (CMV)

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VENEZIA, LUGLIO 2015, MARIA ROSA VITTADINI

Qui di seguito riporto qualche riflessione sulla Città metropolitana di Venezia suggerite dal dibattito che finalmente si è avviato e da una comparazione degli Statuti di alcune delle Città Metropolitane (CM) già istituite e in funzione dal 1° Gennaio 2015. La comparazione è svolta tenendo a mente i problemi di Venezia, le posizioni già assunte sul tema da Veneziacambia2015 e l’attuale fase di elaborazione dello Statuto della Città Metropolitana di Venezia. Elaborazione alla quale ritengo importante che VC2015 partecipi, contribuendo con proposte e attiva vigilanza.

Nella interlocuzione con molte persone di formazione e di orientamento politico anche differente ho constatato che le idee su cosa sia la Città metropolitana sono vaghissime e spesso sbagliate. Ancor meno chiari sono i compiti della CM, come debba essere istituita secondo le leggi attuali e cosa sia stato fatto fin qui per la CM di Venezia. Ritengo quindi utile accompagnare l’esame degli Statuti con qualche informazione circa questi aspetti.

 

Secondo la Legge Del Rio: 15 Città metropolitane

Ad oggi le CM previste dalla Legge 56/2014 (cosiddetta Legge Del Rio) sono le 9 nelle Regioni a statuto ordinario (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria) più quelle che le Regioni a statuto speciale avevano facoltà di istituire (Cagliari, Palermo, Catania, Messina e Trieste). A queste si aggiunge Roma Capitale, con un ordinamento a sé stante. Dunque 15 in tutto, molto diverse tra loro per dimensione, assetto del territorio, base economica e anche, se si vuole, vocazione metropolitana.

 

Istituzione delle Città metropolitana di Venezia

Per la Città metropolitana di Venezia (CMV) le procedure istitutive sono “ritardate” rispetto a quelle delle altre CM. La legge 114/2014 stabilisce infatti che

“In considerazione dell’anticipato scioglimento del consiglio comunale di Venezia …….le procedure per l’entrata in funzione della città metropolitana di Venezia sono ridefinite nel modo seguente:

  1. a) le elezioni del consiglio metropolitano si svolgono entro il termine di sessanta giorni dalla proclamazione degli eletti del consiglio comunale di Venezia da tenere nel turno elettorale ordinario del 2015;
  2. b) la città metropolitana di Venezia subentra alla provincia omonima, con gli effetti successori di cui all’articolo 1, comma 16, della legge 7 aprile 2014, n. 56, dalla data di insediamento del consiglio metropolitano; alla stessa data il sindaco del comune capoluogo assume le funzioni di sindaco metropolitano e si insedia la conferenza metropolitana che approva lo statuto della città metropolitana nei successivi centoventi giorni;
  3. c) nel caso di mancata approvazione dello statuto entro il termine di cui alla lettera b), si applica la procedura per l’esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. ………..

Per Venezia i tempi sono diversi, ma la sostanza delle procedure e delle regole è la stessa prevista per le altre Città metropolitane “ordinarie”. Cosa che rende utile considerare gli Statuti già elaborati e approvati.

 

Tempi stretti per il concreto avvio

Entro 60 giorno dalla elezione del Sindaco occorre eleggere il Consiglio metropolitano. La legge distingue regole diverse in materia di elezioni del Sindaco e del Consiglio metropolitano a seconda della dimensione demografica: la CM di Venezia con i suoi 857.000 residenti (Istat 2013) si colloca nella categoria intermedia tra le grandi (oltre 3 milioni di residenti) e le piccole (al di sotto di 800.000 residenti). La legge permette, con procedure non semplici, l’adesione alla CM di comuni appartenenti a Province confinanti, ma permette anche la non adesione alla CM di Venezia di Comuni appartenenti alla ex Provincia di Venezia. Occorre notare che se solo un paio di Comuni scegliessero di non far parte della CM di Venezia, essa scivolerebbe nella categoria delle piccole CM. Cosa che avrebbe conseguenze sul numero di Consiglieri metropolitani, che si ridurrebbero da 18 a 14, e quindi sulla possibile rappresentanza delle specificità territoriali.

 

Gli organismi di governo della CM

Il Governo della CM è formato da:

  • il Sindaco metropolitano. E’ di diritto il Sindaco del capoluogo, a meno che non si proceda alla elezione del Sindaco a suffragio universale: procedimento complesso e al momento non perseguibile, descritto più avanti.
  • il Consiglio metropolitano. E’ composto dal Sindaco e dai Consiglieri eletti dai Sindaci e Consiglieri dei comuni metropolitani tra i Sindaci e i Consiglieri medesimi (elezioni di II grado). Per la CM di Venezia i Consiglieri da eleggere sono 18.
  • la Conferenza metropolitana. E’ composta dal Sindaco metropolitano e da tutti i Sindaci dei comuni metropolitani.

 

Le competenze della CM: funzioni consolidate e possibili innovazioni

La legge Del Rio attribuisce alla CM un insieme di funzioni che in parte ricalcano le funzioni fondamentali delle Provincie, in parte sono nuove e fissate per legge e in parte sono “potenziali” perché dovranno derivare dal ri-collocazione delle funzioni provinciali operate dalle Regioni e dalla eventuale attribuzione da parte delle Regioni e dello Stato di funzioni particolarmente adatte alle specifiche caratteristiche della CM (ex art. 118 della Costituzione).

Le nuove funzioni proprie della Città metropolitana, secondo la Legge Del Rio, sono le seguenti:

 

  1. a) adozione e aggiornamento annuale di un piano   strategico triennale del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l’ente e per l’esercizio delle funzioni dei comuni e delle unioni di comuni compresi nel predetto territorio, anche in relazione all’esercizio di funzioni delegate o assegnate dalle regioni, nel rispetto delle leggi delle regioni nelle materie di loro competenza;

 

  1. b) pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture appartenenti alla competenza della comunita’ metropolitana, anche fissando vincoli e obiettivi all’attivita’ e all’esercizio delle funzioni dei comuni compresi nel territorio metropolitano;

 

  1. c) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano. D’intesa con i comuni interessati la citta’ metropolitana puo’ esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive;

 

  1. d) mobilita’ e viabilita’, anche assicurando la compatibilita’ e la coerenza della pianificazione urbanistica   comunale nell’ambito metropolitano;

 

  1. e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, anche assicurando sostegno e supporto alle attivita’ economiche e di ricerca innovative e coerenti con la vocazione della citta’ metropolitana come delineata nel piano strategico del territorio di cui alla lettera a);

 

  1. f) promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di

digitalizzazione in ambito metropolitano.

 

La definizione delle competenze metropolitane ora riportata consente di sottolineare due importanti aspetti. In primo luogo (per tutte le CM) è evidente il tentativo di attribuire al nuovo livello di governo poteri più efficaci di quelli delle vecchie Provincie. Queste ultime pure avevano il compito assicurare la coerenza della pianificazione territoriale dei Comuni e di svolgere molte utili funzioni ad esempio in materia di edilizia scolastica, di costruzione e manutenzione delle strade provinciali, di programmazione dei servizi di trasporto pubblico sovra comunali, nonché di autorizzazioni e controlli in materia ambientale. Tuttavia nell’ultimo decennio si è assistito ad un evidente processo di svuotamento delle funzioni provinciali, strette tra l’accentramento regionale e il decentramento ai Comuni: dando così ragione alla diffusa convinzione circa la loro inutilità. Secondo la legge Del Rio la CM ha invece non solo un potere di indirizzo, ma anche il potere di fissare obiettivi vincolanti per sé e per l’azione comunale. Obiettivi che i Comuni sono tenuti a raggiungere sia nelle loro funzioni che nella collaborazione alle azioni metropolitane. E’ un potere grandissimo, che per essere esercitato democraticamente presuppone che gli strumenti programmatici per condurre questa operazione, ovvero il Piano Strategico e il Piano territoriale, siano elaborati ed approvati con la attiva partecipazione delle Amministrazioni comunali e soprattutto delle organizzazioni della società civile. Aspetto quest’ultimo che la Legge non esplicita e che costituisce uno dei contenuti più importanti da inserire nello Statuto.

In secondo luogo e per lo specifico caso di Venezia appare interessante l’art. 89 della legge Del Rio, laddove si ipotizza che Regioni e Stato possano attribuire alla CM altre funzioni, diverse da quelle già previste, per rispondere a specifiche esigenze di funzionamento. Questa possibilità potrebbe essere la chiave di volta della connessione tra CM e Riforma della Legge speciale per Venezia. Nella Legge speciale l’interesse nazionale alla tutela di Venezia e della sua Laguna dovrà essere normativamente confermato, ma tale conferma potrà davvero far fronte alle cause del degrado (dissesto del bilancio, degrado morfologico della Laguna, perdita di popolazione, monocultura turistica) solo se metterà Venezia in grado di incidere sugli interessi oggi in evidente conflitto con la tutela. La Città metropolitana di Venezia potrebbe richiedere poteri speciali ad esempio in materia di governo del turismo oppure in materia di scelte di sviluppo e di rapporti internazionali, sul modello delle Città-Stato tedesche.

Sulla base dell’art. 89,la fase di avvio della CM apre concretamente una straordinaria opportunità per richiedere allo Stato l’attribuzione di reali poteri per condizionare i proprietari e i gestori delle infrastrutture e dei servizi relativi. Si tratta ovviamente di una conquista non facile da ottenere, ma sicuramente decisiva per la sopravvivenza di Venezia come città abitata. Il livello giusto della questione è proprio la CM, perché il problema dell’accessibilità riguarda ovviamente tutto il territorio metropolitano e non solo la città di Venezia e in questa dimensione deve trovare le sue regole e il suo equilibrio. Veneziacambia 2015 potrebbe avanzare da subito la proposta di accompagnare l’avvio della CMV con la formazione di una Authority dei trasporti, come sinteticamente illustrato nel successivo paragrafo dedicato alla proposta di prime azioni da intraprendere.

 

Per la Città metropolitana di Venezia: partire dalla legge

E’ appena il caso di insistere sul fatto che il territorio della CM di Venezia (da qui in poi CMV) coincide, per legge, con il territorio della Provincia di Venezia e comprende quindi 44 Comuni e 857.000 abitanti. E’ assolutamente necessario partire realisticamente da qui, senza trastullarsi in oziose fantasie su ipotesi di perimetrazione diverse, come ad esempio l’insieme PA-TRE-VE (Padova Treviso Venezia) sulle quali si è discusso a lungo in passato, senza combinare nulla. Per la CMV sarà sempre possibile stabilire accordi su interessi comuni con le provincie confinanti di Padova e di Treviso, tanto più se esse, a seguito della prossima Riforma Costituzionale, verranno ri-accorpate in una unica Provincia come nelle iniziali proposte di legge. Solo se si riuscirà a far partire tali accordi da un governo metropolitano autorevole, con idee chiare e condivise sul proprio futuro, gli accordi e gli interessi avranno finalmente qualche possibilità di produrre risultati.

Assumere consapevolmente la coincidenza tra territorio provinciale e territorio della CMV non significa ovviamente ritenere che il territorio della CMV sia oggi compatto ed omogeneo. Anzi le aree che lo compongono sono assai diverse tra loro per composizione sociale, base economica, morfologia, assetto insediativo e condizioni ambientali.

In presenza di una complessa articolazione territoriale, che caratterizza la CMV ma anche la gran parte delle città metropolitane italiane (per lo più molto difformi dal concetto classico di CM) occorre chiedersi quale sia il vantaggio offerto dal nuovo governo metropolitano ai fini del benessere dei cittadini e del funzionamento dell’economia. Con quali poteri e quali risorse la CM può davvero introdurre, in corrispondenza di aree urbane strategiche per il paese, una nuova forma di governo di area vasta più moderna, meglio calibrata sugli specifici problemi di queste aree e più capace di valorizzarne le valenze strategiche a vantaggio delle collettività locali e, insieme, della collettività nazionale?

Tutte domande che richiedono risposte urgenti e non semplici, da impostare in questa fase istitutiva, se si vuole che la CM possa essere un reale strumento di miglioramento sociale ed economico.

 

Per la CMV: qualche accenno al dibattito recente

Due occasioni recentissime offrono l’occasione di mettere a fuoco qualche riflessione non burocratica su cosa debba essere la CM in generale e in particolare la CMV, che presenta caratteri particolarmente complessi. Nel seminario tenuto il 1° Luglio all’Ateneo Veneto si sono delineate due visioni assai diverse sulla natura e il ruolo della Città metropolitana. Una (prof. Perulli) partendo dalla elezione di II grado degli organi di governo, nega alla CM valenze politiche poiché già espresse nelle elezioni di I grado. Dunque una CM destinata ad essere principalmente operativa, a razionalizzare la gestione dei servizi anche comunali, a fungere in qualche modo da “Ufficio tecnico” per la realizzazione di opere di valenza sovra-comunale. Con molta enfasi tuttavia verso l’apertura internazionale: promuovere Venezia nel mondo e procurarsi attraverso i bandi europei dedicati alle CM i fondi necessari, che in Italia l’ultima legge di stabilità ha drasticamente tagliato proprio per le CM, come ben rappresentato nell’intervento di MR Pavanello, vicepresidente ANCI.

La seconda visione, (condivisa anche dal nuovo Sindaco di Venezia) parte dalla elezione diretta del Sindaco (che secondo la legge non può essere scissa dalla elezione diretta anche del Consiglio metropolitano). In questa prospettiva è evidente la natura essenzialmente politica della CM, che è chiamata a costruire una visione condivisa del proprio futuro e a stabilire, sulla base di essa, le relazioni tra Comuni e CM, le relazioni con le altre realtà territoriali interessate (ad esempio il resto del veneto e non solo PD e TV), i rapporti con lo Stato e anche le importantissime relazioni internazionali.

La natura politica del nuovo livello di governo implica necessariamente un ampio coinvolgimento dei cittadini e delle loro organizzazioni nella definizione delle strategie e delle priorità dell’azione metropolitana. Le relazioni nazionali e internazionali rivestono natura culturale e strategica prima ancora che di competizione per l’ottenimento dei fondi europei.

Qui non si sottovaluta affatto l’importanza cruciale dei fondi europei connessi alla politiche per le città, comprese le città metropolitane, sulle quali i programmi 2014-2020 investono molte risorse per la ricerca e la promozione di interventi sostenibili. Tuttavia la partita si gioca anche, in buona misura, sulla capacità di competere su altri fronti che hanno forti ricadute in termini di immagine, di successo economico e di benessere per i cittadini. Ad esempio la conquista del titolo di European Green Capital, oppure la vittoria nel caso dei numerosi premi europei per la sostenibilità ambientale nei campi dell’economia e della gestione dei servizi, oppure ancora, come sarebbe del tutto naturale, una proposta di leadership veneziana per un grande progetto europeo di gestione del turismo nelle città d’arte, capace di dare risposte al problema dell’eccesso di turisti che rende invivibili e infine uccide proprio le città più ricche di storia e di bellezza.

 

Un interessante contributo al dibattito è venuto dal rapporto presentato dalla CISL il 22 Giugno “Un traguardo verso nuovo orizzonti”. La CISL si schiera culturalmente e decisamente a favore della dimensione politica del nuovo livello di Governo. L’analisi della dimensione demografica ed economica del territorio metropolitano è condotta a livello delle quattro ULSS, che assumono la valenza di proposta per l’articolazione territoriale della CMV. Tale proposta nasce dalla preoccupazione di evitare una troppo elevata frammentazione territoriale articolando i servizi metropolitani per bacini di utenza con una dimensione demografica in grado di reggerli: occorrerà discuterne. Molto utile e interessante, nel rapporto CISL, l’inchiesta tra i Sindaci, che mostra una grande dispersione di idee sui compiti da affidare alla CMV. Unico elemento che unifica decisamente l’opinione di tutti Sindaci intervistati è il problema della organizzazione dei trasporti e delle infrastrutture.

La questione è sul tappeto da decenni: c’era e c’è ancora spazio per molti miglioramenti, come cercherò di dire più avanti. Tuttavia dal punto di vista metropolitano la questione dei trasporti è sicuramente una partita difficile, che richiede coraggio, coesione e capacità di rompere monopoli e consolidati centri di potere, molti dei quali esulano dalle competenze sia dei comuni che della CM. Per il trasporto pubblico locale basti ricordare come la raffica di provvedimenti normativi statali e regionali, prevalentemente orientati alla riduzione dei costi, non sia riuscita a migliorare la sua governabilità e la sua integrazione nel complessivo sistema dei trasporti. I risultati per gli utenti sono stati assai modesti, quando non del tutto penalizzanti. La posizione monopolista e la frammentazione delle aziende, da cui dipendono in larga misura inefficienza e impossibilità di investimenti, è rimasta pressoché invariata. Per lo più gli Enti proprietari hanno bellamente continuato a interpretare la gestione in house dei servizi di trasporto come irrinunciabile strumento di potere. Infine non bisogna dimenticare che il finanziamento di questa partita dipende poco dalle risorse locali e metropolitane (tariffe), mentre per gran parte dipende da politiche e denari regionali (o statali).

L’inchiesta sulle idee dei Sindaci mostra con efficacia quanto lavoro occorra ancora fare per arrivare a costruire una visione comune. E, insieme, mostra la difficoltà di definire concretamente le modalità di razionalizzazione e gestione di servizi che oggi fanno parte essenziale del potere comunale. Emerge infatti molta resistenza, non solo per i trasporti, a ricollocare i servizi oggi gestiti in house dai Comuni nella dimensione sovra-comunale, assegnandone la gestione attraverso gare.

A questo proposito vale la pena di sottolineare lo scarsissimo numero di esperienze di gestioni sovra-comunali che caratterizza la CMV rispetto al altre CM (sostanzialmente solo l’esperienza di Veritas). La questione è stata affrontata più facilmente in realtà territoriali, come ad esempio Bologna o Torino, dove da tempo i Comuni si sono attrezzati per darsi forme di organizzazione e gestione dei servizi in forma sovra-comunale. L’argomento è cruciale, perché proprio sulla riorganizzazione dei servizi si gioca gran parte della utilità del livello di governo metropolitano: dovrà essere una pura razionalizzazione finalizzata alla diminuzione dei costi oppure potrà essere una reale risposta a vecchi e nuovi bisogni, da riconoscere in modo condiviso e da assumere come materia prima del governo metropolitano e delle sue priorità?

 

Il primo appuntamento: l’elezione del Consiglio metropolitano

Dunque entro 60 giorno dalla elezione il Sindaco deve organizzare e portare a compimento l’elezione dei 18 membri del Consiglio metropolitano. attraverso un apposito Ufficio elettorale che ne curi tutti i complessi aspetti organizzativi. Il nuovo Sindaco di Venezia ha annunciato le elezioni del Consiglio per il giorno 9 Agosto e ha detto pubblicamente che le liste in gara non dovranno presentare programmi e che si attende che i Consiglieri vengano eletti semplicemente in base al fatto che credano davvero nella utilità della CMV e delle sua formazione.

Come ricordato più sopra, i Consiglieri metropolitani sono eletti dai Sindaci e dai Consiglieri comunali dei 44 comuni del territorio metropolitano, che li scelgono tra i medesimi Sindaci e Consiglieri. Il voto è segreto, ma i voti sono pesati con un sistema che tiene conto, per fasce, del peso demografico dei singoli comuni. Allo stato delle cose il Sindaco di Venezia è di diritto Sindaco metropolitano. All’insediamento del Consiglio metropolitano la Provincia di Venezia cessa di esistere e la Città metropolitana ne eredita le funzioni (e le risorse) opportunamente riviste in sede regionale. Da questa stessa data partono 120 giorni entro i quali bisogna elaborare e approvare lo Statuto della città metropolitana.

Occorre ricordare che la Regione Veneto è in grave ritardo rispetto alla possibile nuova distribuzione delle competenze della provincia di Venezia e alla relativa re-distribuzione delle risorse e del personale, oggi giustamente preoccupato per l’incertezza circa il proprio destino Infatti la Regione Veneto nella scorsa legislatura si è limitata a far approvare dalla Giunta un dilatorio disegno di legge sul riordino delle funzioni amministrative provinciali che ne rimanda di un anno la definizione e poi, dopo altri due anni, la verifica operativa. L’approvazione (o meno) di tale legge sarà uno dei compiti importanti della nuova amministrazione regionale. Anche su questo fronte si aprono occasioni di confronto e di proposta.

 

La legge Del Rio prevede esplicitamente la possibilità di eleggere direttamente a suffragio universale il Sindaco e il Consiglio metropolitano. L’elezione diretta deve essere prevista nello Statuto e deve avvenire secondo quanto stabilito nell’art. 22 della legge 56/2014, come descritto più innanzi. Le regole per questa elezione devono essere fissate da una legge nazionale che ancora non c’è. Ad oggi non è quindi possibile eleggere direttamente Sindaco e Consiglieri. Anche qualora lo Statuto lo preveda occorre aspettare l’emanazione della legge elettorale e si pone il problema se sia possibile fissare nello Statuto che l’elezione possa avvenire prima della scadenza mandato del Sindaco metropolitano e del Consiglio in carica, che dura 5 anni.

 

Dunque per ora il problema non si pone: il Sindaco metropolitano è il Sindaco di Venezia e occorre da subito avviare l’elezione dei Consiglieri. Che è operazione eminentemente politica sulla quale occorre da subito spendersi.

L’elezione dei Consiglieri avviene in base a liste concorrenti in un unico collegio elettorale corrispondente alla CM, ciascuna lista deve contenere un numero di candidati pari ad almeno metà dei consiglieri da eleggere e deve essere sottoscritta da almeno il 5% degli aventi diritto al voto.

In vista di tali elezioni la legge non prevede che Sindaco e candidati Consiglieri presentino alcun documento programmatico. Se si condivide l’idea della valenza politica della CMV è invece importantissimo che le liste concorrenti per l’elezione dei consiglieri presentino programmi e che prima delle elezioni su tali programmi ci sia dibattito e partecipazione.

Per Veneziacambia2015 una prima immediata richiesta-proposta sono modalità di partecipazione nel processo (che purtroppo cade in luglio e agosto) di definizione di obiettivi e concrete azioni per le liste concorrenti e i loro programmi.

La seconda tappa, in 120 giorni, è l’elaborazione dello Statuto che contiene le regole di funzionamento del nuovo livello di governo nonché una serie di importanti regole circa il modo di decidere, i rapporti tra CM e Comuni, il riconoscimento della articolazione del territorio e delle autonomie da assicurare a ciascuna parte.

 

 

Attuali regole per l’elezione diretta del Sindaco

Il già ricordato art. 22 della legge Del Rio riguarda l’elezione diretta a suffragio universale del Sindaco e del Consiglio metropolitano. Dunque il Sindaco potrebbe non essere il sindaco del capoluogo e neppure un sindaco o un consigliere comunale. E anche i Consiglieri metropolitani potrebbero non coincidere con gli eletti comunali. Una simile modalità di elezione presenta elementi di evidente vantaggio ed elementi di criticità.

L’elezione diretta raccorderebbe strettamente il rapporto tra i cittadini metropolitani e i loro rappresentanti dando effettiva autorevolezza al mandato politico del nuovo livello di governo. Si eviterebbe così il rischio che la CM si trasformi nell’arena conflittuale tra interessi comunali potenzialmente configgenti con quelli della CM, difesi dagli eletti comunali che devono evidentemente rispondere in primo luogo ai loro elettori piuttosto che ai cittadini metropolitani.

Gli elementi di criticità derivano invece dalla rottura del legame diretto tra le rappresentanze comunali e le rappresentanze metropolitane, con il possibile innescarsi di atteggiamenti di competizione piuttosto che di collaborazione o comunque di conflitti di potere certamente non nuovi per le nostre amministrazioni locali. La freddezza delle Regioni, e della Regione Veneto in particolare, verso la CM aggiunge ulteriori rischi di conflitto interistituzionale. Tali aspetti critici portano in primo piano la necessità che la CM “agisca” le nuove competenze con uno stile di governo davvero nuovo, improntato al coinvolgimento, alla partecipazione, all’ascolto reciproco tra cittadini e amministrazione. Uno stile del tutto diverso dagli atteggiamenti autoreferenziali burocratici che purtroppo caratterizzano anche oggi, di regola, l’azione amministrativa.

Allo stato delle cose le condizioni “ordinarie” per la CMV per arrivare alla elezione diretta a suffragio universale sono le seguenti:

  • l’elezione diretta deve essere prevista nello Statuto
  • l’elezione diretta, come si è detto, dovrà essere effettuata con il sistema elettorale previsto dalla futura una legge statale
  • entro la data delle elezioni il territorio del capoluogo dovrà essere articolato in più comuni
  • la proposta di articolazione dovrà essere adottata dal Comune capoluogo in Consiglio comunale
  • la proposta del Consiglio comunale del capoluogo dovrà essere sottoposta a referendum (da organizzare secondo la normativa regionale) tra tutti i cittadini della città metropolitana ed essere approvata dalla maggioranza dei partecipanti al voto
  • prima delle elezioni la Regione dovrà provvedere con propria legge alla istituzione dei nuovi comuni

Si è detto come le modalità di elezione siano rimandate ad una legge statale di cui al momento non c’è traccia. C’è invece una evidente pressione da parte di molte Città metropolitane che hanno iniziato a funzionare dal 1 gennaio 2015 perché la legge venga modificata rendendo più semplice procedere alla elezione diretta.

A queste regole sfuggono solo le Città metropolitane con popolazione superiore ai 3 milioni di abitanti. Per queste sarà sufficiente che lo Statuto preveda l’articolazione del loro territorio in “zone omogenee” e che il comune capoluogo ripartisca il proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa (dunque non nuovi comuni).

Non si capisce bene la razionalità di tali previsioni e soprattutto perché le medesime regole non possano valere anche per le Città metropolitane di dimensioni minori, magari mettendo qualche soglia (demografica?) dimensionale per evitare eccessi di frammentazione delle zone omogenee. Torino e Bologna indicano come zone omogenee dimensioni di 60-80.000 abitanti. Le zone devono essere pensate in base alle specificità territoriali, ma anche alla possibilità di esercitare in comune servizi locali.

Nello specifico caso Veneziano occorre ricordare che la Regione Veneto tra i molti profili di incostituzionalità per i quali ha impugnato la Legge Del Rio di fronte alla Corte Costituzionale, ha sollevato proprio la questione della carenza di rappresentanza democratica dovuta alla mancanza di elezione diretta degli organi di governo. Benché la Corte Costituzionale con sentenza n. 50 depositata il 26.3.2015 abbia rigettato i ricorsi promossi dalle Regioni Lombardia, Veneto, Campania e Puglia, è probabile che le molte pressioni su questo tema possano ottenere qualche modifica della Legge.

Veneziacambia2015 potrebbe intervenire nella discussione proponendo di ricalcare, per Venezia e per le aree metropolitane pluricentriche come Venezia, le modalità di elezione diretta previste per le Città metropolitane grandi per le quali è sufficiente è sufficiente la perimetrazione delle cosiddette “zone omogenee”, che riguardano anche la suddivisione del comune capoluogo in zone dotate di autonomia amministrativa. Il che risolverebbe il problema della formazione dei nuovi comuni derivati dalla frammentazione del capoluogo e darebbe una nuova prospettiva all’annoso problema della separazione di Mestre (e di Marghera) da Venezia.

 

Qualche conteggio in tema di elezione dei Consiglieri

L’articolazione del Comune capoluogo in più Comuni, obbligatoria solo in relazione alla elezione diretta del Sindaco e del Consiglio metropolitano, sembrerebbe obbedire alla necessità di evitare che il peso demografico della città più grande si traduca in una sorta di egemonia decisionale che relegherebbe fatalmente i comuni minori in posizione subordinata.

Nella Legge Del Rio (Allegato A) le regole per l’elezione del Consiglio metropolitano cercano comunque di far fronte a questo problema “pesando” il voto per l’elezione dei Consiglieri in base ad una sorta di “rappresentanza demografica”. La pesatura del voto avviene in base ai seguenti criteri:

  • i Comuni devono essere articolati per fascia demografica (in % sul totale della popolazione legale accertata della CM) come nella tabella qui sotto riportata.
  • Il voto dei Sindaci e dei Consiglieri viene pesato in base a tale valore %.
  • Se un Comune pesa più del 45% del totale della popolazione metropolitana il suo peso viene ridotto al 45% e l’eccedenza viene re-distribuita tra gli altri comuni in proporzione al loro peso demografico.
  • Se una fascia demografica (esclusa la fascia del comune capoluogo) pesa più del 35%, il suo peso viene ricondotto a tale soglia e anche in questo caso l’eccedenza viene re-distribuita tra le altre fasce (esclusa quella del capoluogo) in modo che nessuna fascia pesi più del 35%.

 

Le fasce di dimensione demografica previste dalla legge sono molto articolate. Nella tabellina seguente la dimensione delle fasce e, tra parentesi, il numero di Comuni della CMV compresi in ciascuna fascia.

  1. con meno di 3000 (3)
  2. da 3000 a 5000 (5)
  3. da 5000 a 10000 (9)
  4. da 10000 a 30000 (23)
  5. da 30000 a 100000 (3)
  6. da 100000 a 250000 (0)
  7. da 250000 a 500000 (1)

 

 

Nella tabella seguente qualche numero di riferimento per la CM di Venezia: la città capoluogo pesa per circa il 30% della popolazione metropolitana; i Comuni più grandi (Chioggia, S.Donà e Mira) si collocano tutti al di sotto dei 50.000 abitanti, così che la relativa fascia pesa solo per il 15% circa. Il maggior numero dei Comuni è compreso nella fascia tra 10.000 e 30.000 abitanti, che comprende oltre il 43% della popolazione metropolitana. Il peso di tale fascia va ridotto, come si è visto, al 35% e l’eccedenza va re-distribuita tra tutte le altre fasce tranne la fascia 7 nella quale è compreso solo il Comune di Venezia.

Nella tabella qui di seguito si presenta un primo calcolo circa l’applicazione di queste norme nella elezione del Consiglio metropolitano della CMV.

La tabella riporta il totale della popolazione di ciascuna delle fasce demografiche previste dalla legge e la % di ciascuna fascia sul totale della popolazione metropolitana. Riporta poi il numero di Consiglieri + il Sindaco che il TU sull’ordinamento degli Enti locali assegna ai Comuni in base alla loro dimensione demografica. Diviene così possibile calcolare il numero totale di Sindaci e di Consiglieri per ciascuna fascia. Nella tabella la popolazione nella fascia dei Comuni da 10.000 a 30.000 abitanti, che rappresenta il 43,15% della popolazione della CM, è riportata al 35% e l’eccedenza è re-distribuita tra le altre fasce eccetto quella del capoluogo. Sulla base di questi elementi la tabella presenta il calcolo dell’indice di ponderazione, ovvero il peso attribuito a ciascun voto di consiglieri o sindaci dei Comuni appartenenti a quella fascia (calcolato come rapporto tra la % di popolazione nella fascia e numero di consiglieri e sindaci votanti nella medesima fascia moltiplicato x1000). Nell’ultima colonna della tabella si calcola la % di potere decisionale che, in base all’indice di ponderazione, è potenzialmente determinato dalle decisioni dei Sindaci e Consiglieri di ciascuna fascia.

 

Nella CMV l’elettorato per il Consiglio metropolitano è quindi formato da 674 consiglieri e da 44 Sindaci (in totale 718 elettori). Il peso degli elettori (Sindaco e consiglieri comunali di Venezia) rispetto a quello dei Comuni più piccoli è di tutto rilievo (65%) cosa che riporta in primo piano il difficile rapporto tra VE e la terraferma. Ovviamente tale peso comprende consiglieri di maggioranza e di minoranza, che non è detto votino compattamente per le stesse liste. Tuttavia il problema si pone: non tanto in termini di interessi politico-partitici quanto in termini di interessi territoriali.

 

CVM: calcolo dell’indice di ponderazione del voto per le elezioni del Consiglio metropolitano

Infine, per le elezioni dei Consiglieri metropolitani, non è chiarissimo il modo con il quale verranno attribuiti i pesi per conteggiare i voti attribuiti alle varie liste. In sostanza pare di capire che le liste verranno conteggiate in base al punteggio ottenuto, organizzate secondo la loro gerarchia e in base a questo si stabilirà il numero di consiglieri eletti per ciascuna lista. Dunque non vince una lista, ma un mix determinato insieme dall’orientamento politico e dal peso demografico dei votanti.

Lo squilibrio a favore della città di Venezia mantenuta nella sua interezza si modificherebbe poco una volta diviso il capoluogo in più comuni. L’ipotesi di separare semplicemente Venezia Centro storico ed estuario dalla terraferma porterebbe alla formazione di due Comuni: di 85.737 abitanti il primo e di 179.149 abitanti il secondo. Quest’ultimo peserebbe poco meno del 60% del peso elettorale e non risolverebbe quindi il problema dello squilibrio: che è problema di rapporto tra Venezia e il territorio metropolitano e non di rapporto tra Venezia insulare e Venezia di terraferma. La Città metropolitana permette di ridefinire in termini nuovi e positivi questo secondo annoso problema attraverso l’attribuzione di autonomia alle zone omogenee come Mestre o Marghera. Dunque altro tema fondamentale da inserire nello statuto: quali zone omogenee e quale autonomia.

 

 

Il sistema di elezione del Consiglio metropolitano è complesso, ma è evidente la finalità: è appena il caso di ricordare che il primo esempio italiano di Città metropolitana, ovvero Milano, fallì miseramente negli anni Sessanta per via dell’ostilità dei comuni delle cinture contro l’impostazione milanocentrica delle attività e dei servizi promossa dal Capoluogo. La sproporzione dell’indice di ponderazione se può essere considerato fattore di democrazia (quei sindaci e consiglieri rappresentano più abitanti) non sembra superare il problema. Cosa che riporta in primo piano la necessità definire i rapporti tra CMV e Comuni, soprattutto quelli più piccoli, di stabilire nello Statuto regole equilibrate e soprattutto di lavorare intensamente per una redazione partecipata del Piano strategico e del Piano territoriale nel quale definire strategie e priorità d’azione condivise.

 

Qualche notazione sugli Statuti già in vigore

Si esaminano qui solo gli Statuti delle CM di Torino,Genova,Bologna e Firenze. Perché ritengo che siano più interessanti, per dimensione demografica e base economica, al fine di trarne spunti per Venezia, rispetto agli Statuti di Milano o delle città meridionali oppure ancora di Roma capitale. L’elezione diretta del Sindaco è prevista solo nello Statuto di Milano, ma data le dimensione demografica superiore ai 3 milioni di residenti, con le modalità più semplici prima ricordate.

Nella comparazione occorre ricordare che tutti gli Statuti assumono come riferimento la bozza di elaborata dall’ANCI, che forma la base comune per l’articolazione degli argomenti e per gran parte delle formule istituzionali di rito. Oggi, a quanto mi risulta, la medesima bozza forma la base di discussione anche per il caso veneziano. Nello specchietto qui sotto la dimensione demografica e il numero di comuni delle CM considerate.

 

 

Città metropolitana Comuni Popolazione
(dati Istat del 30/09/2014)[7]
Superficie (km2) Densità abitativa (km2)
Bologna 56 1.003.027 3.702 270
Firenze 42 1.007.435 3.514 286
Genova 67 864.008 1.839 472
Torino 316 2.293.340 6.829 336
Venezia 44 858.455 2.462 348

 

 

Per non disperdere troppo l’esame mi è parso utile concentrare l’attenzione sulle seguenti grandi questioni:

  • la ri-articolazione territoriale, le sue finalità e le sue modalità
  • i compiti (limitatamente a quelli che vanno oltre le funzioni fondamentali ereditate dalle Province) con particolare riguardo ai due fondamentali strumenti: il Piano strategico e del Piano territoriale
  • come si garantisce e si organizza la partecipazione dei cittadini

 

 

La ri-articolazione territoriale

La riarticolazione territoriale in zone omogenee non è obbligatoria, tuttavia è una facoltà che gran parte delle CM ha adottato, anche prevedendo per ciascuna zona forme di rappresentanza nei rapporti con il Consiglio metropolitano. La CM di Bologna fa principalmente riferimento alle Unioni di Comuni (tradizionalmente presenti e preesistenti rispetto alla CM), che sono 7 più il Circondario Imolese e sono disegnate secondo criteri di morfologia territoriale con dimensioni anche fortemente differenziate. Ciascuna Unione è dotata di proprio Statuto e di organi di governo formati da Consiglio, Giunta e Presidente. Attraverso Convenzioni la CM può delegare alle Unioni funzioni proprie e viceversa può ricevere deleghe dalle Unioni per la gestione di servizi. Per raccordare le azioni della CM e quelle delle Unioni è istituito un Ufficio di presidenza della Conferenza metropolitana, formato dal Sindaco e dai Presidenti delle Unioni: si introduce così nella struttura della CM una interessante formula di rappresentanza della articolazione territoriale.

 

La CM di Torino istituisce zone omogenee con contiguità territoriale fissando la soglia di almeno 80.000 abitanti. Le zone omogenee sono ”articolazione operativa” della Conferenza metropolitana e possono diventare ambito ottimale per la gestione associata di servizi comunali e per l’esercizio di funzioni delegate dalla CM. Esse partecipano alla formazione condivisa del Piano strategico e del Piano territoriale metropolitano. Sono disciplinate da un apposito regolamento approvato dal Consiglio metropolitano. Ogni zona omogenea è retta dall’Assemblea dei Sindaci dei Comuni che ne fanno parte, che nominano un portavoce. E’ istituito un Collegio dei portavoce con funzioni di coordinamento tra le zone omogenee e gli organi della CM. Anche in questo caso il Collegio risponde alla esigenza di garantire nelle decisioni metropolitane una adeguata rappresentanza territoriale.

 

Lo Statuto della CM di Firenze prevede la possibile individuazione di zone omogenee come strumento per la gestione integrata del territorio e per la gestione ottimale dei servizi a rete, ma non si spinge oltre. Prevede anche la razionalizzazione dei servizi, con un processo condiviso di ridefinizione degli ambiti distrettuali, secondo un principio di equità. Interessante notare che lo Statuto prevede l’approvazione da parte del Consiglio metropolitano di una Carta generale dei servizi al cittadino contenete i livelli minimi di servizio assicurati agli utenti.

 

Lo Statuto della CM di Genova riprende semplicemente la Legge: le zone omogenee “possono” essere istituite, ma non dice che le istituirà. Saranno comunque normate attraverso un apposito regolamento approvato dal Consiglio metropolitano e sentito il parere della Conferenza metropolitana.

 

Per Venezia la questione è aperta. Come si è detto il recente studio della CISL propone una articolazione sulla base delle 4 ULSS, che tuttavia non è condivisa dai sindaci intervistati. In maggioranza i Sindaci si sono espressi a favore dei “mandamenti” (Portogruarese, Sandonatese, Terraferma veneziana, Venezia e Cavallino Treporti, Miranese, Dolese, Chioggia e Area sud). L’eventuale rappresentanza di tali mandamenti presso la CM è tutta da inventare.

Nessun accenno è fatto, nella bozza di Statuto, né al riconoscimento di eventuali zone omogenee a cui conferire autonomia amministrativa né alla suddivisione del comune capoluogo in più comuni, nonostante circa il 60% del campione dei sindaci intervistati nel rapporto CISL si sia espresso a favore dell’elezione diretta del Sindaco (ma non del Consiglio) a suffragio universale.

In tutti i casi l’articolazione territoriale è finalizzata non solo allo svolgimento ottimale di funzioni e servizi, ma anche alla partecipazione delle comunità locali agli atti fondamentali della CM: il Piano Strategico triennale e il Piano territoriale. E’ infatti evidente che l’unico possibile “collante” tra le varie componenti territoriali sono gli obiettivi comuni condivisi, che vanno costruiti con un adeguato processo di partecipazione, sostanziati di risorse, fissati nel tempo e monitorati. Come dovrebbe fare un intelligente ed efficace processo di Valutazione ambientale strategica che dovremmo urgentemente iniziare a chiedere proponendone modalità e tappe.

 

Il Piano strategico e il Piano territoriale

Sono i due strumenti cardine dell’azione metropolitana. Fissano gli obiettivi e la loro gerarchia, le azioni da fare per raggiungerli, la ripartizione delle risorse e i sistemi di monitoraggio. Negli Statuti esaminati la descrizione dei compiti di questi due strumenti è assai disomogenea. Talune CM si sono limitate a riprendere il dettato di legge. Altre, come ad esempio Torino, hanno inserito direttamente nello Statuto alcuni rilevanti impegni, come ad esempio l’impegno a considerare l’acqua bene comune non privatizzabile, la proprietà pubblica delle reti e la gestione del servizio attraverso enti o aziende pubbliche. Lo Statuto fa esplicito riferimento alla necessità di programmare, nel piano territoriale, obiettivi vincolanti per i comuni in materia di riduzione del consumo di suolo e di contrasto al cambiamento climatico, nonché in materia di risultati da raggiungere nell’esercizio delle loro funzioni, in armonia con le indicazioni del Piano Strategico.

 

Per la CM di Genova il Piano Strategico del territorio e della comunità metropolitana costituisce, alla luce delle previsioni delle linee programmatiche del Sindaco Metropolitano (atto non previsto dalla legge) l’atto fondamentale di indirizzo dell’azione della Città Metropolitana. Comuni e Unioni di comuni partecipano alla formazione e all’aggiornamento del piano strategico mediante apposite Conferenze di programmazione e mediante l’acquisizione del parere della Conferenza metropolitana. Per quanto riguarda le funzioni di pianificazione territoriale generale e di coordinamento del proprio territorio la CM elabora un unico piano territoriale metropolitano, di cui lo Statuto esplicita gli obiettivi (generici ma di buona volontà). Si tratta dello sviluppo sostenibile, orientato al potenziamento e alla valorizzazione delle reti infrastrutturali e dei sistemi di mobilità pubblica, della rigenerazione dei tessuti edificati, del potenziamento e riqualificazione dei servizi e degli spazi pubblici, della costruzione della rete ecologica metropolitana, della valorizzazione e tutela del sistema agricolo, dei suoli liberi e dei beni paesistici. In particolare, il piano territoriale metropolitano considera il suolo una risorsa finita e irriproducibile e in base a tale principio orienta le proprie politiche territoriali. Il piano territoriale metropolitano approvato dal Consiglio metropolitano, sentito il parere della Conferenza Metropolitana, costituisce il quadro di riferimento per i piani operativi comunali. Nel burocratese corrente il termine “quadro di riferimento” non sembra essere, in generale, orientato ad obiettivi cogenti.

 

Partecipazione e iniziative “dal basso”

E forse la materia potenzialmente più interessante per tenere insieme i diversi ruoli e le diverse dimensioni della CM. Tutti gli Statuti considerati si riservano di redigere un apposito Regolamento sulle modalità della partecipazione introducendo consultazioni, referendum e possibilità di presentazione dal basso di istanze, petizioni e proposte di atti di interesse generale. Anche le modalità di partecipazione dei Comuni alla elaborazione del Piano Strategico e del Piano territoriale sono rimandate, in generale, ai Regolamenti sulla partecipazione. Nessuno degli Statuti esaminati fa invece il minimo cenno a favore di una partecipazione nella elaborazione degli strumenti programmatici allargata ai cittadini e alle loro organizzazioni.

 

Taluni Statuti tuttavia introducono già in prima istanza alcune interessanti regole.

La CM di Torino “informa la sua attività al principio del coinvolgimento e delle più ampia consultazione dei comuni singoli o associati e delle comunità ricomprese nel territorio e adotta un Regolamento sulla democrazia partecipata”. Il Regolamento disciplina le forme di consultazione e di referendum popolare (propositivo, consultivo o abrogativo), nonché la presentazione di istanze alle quali la CM ha obbligo di dare risposta entro 30 giorni. I diritti di partecipazione sono garantiti da un Difensore civico. Nello Statuto di Torino si specifica che l’iniziativa delle deliberazioni di competenza del Consiglio metropolitano (pressoché tutte) possa essere assunta anche da due consigli comunali che rappresentino almeno il 3% della popolazione della CM o da almeno 10 consigli comunali o da almeno 5000 cittadini iscritti nelle liste elettorali dei comuni metropolitani.

 

La CM di Firenze si limita a prevedere, come tutte, l’apposito Regolamento per disciplinare le modalità di partecipazione, ma non allarga, nello Statuto, il perimetro delle azioni possibili da parte delle collettività e delle organizzazioni presenti nel territorio metropolitano.

Lo Statuto della CM di Bologna afferma invece che è compito della CM “sostenere e valorizzare” gli strumenti di partecipazione dei Comuni, ma la partecipazione avviene a livello comunale. Compito della CM è quello di raccordare la partecipazione così intesa con le decisioni metropolitane. Lo Statuto cita però anche, rimandandoli al Regolamento, la possibilità di dibattito pubblico in materia di opere strategiche e di referendum sulle questioni di interesse metropolitano.

Anche Genova si limita ad annunciare un Regolamento per regolare le forme di consultazione e di referendum popolare.

Tutti gli Statuti insistono sulla massima trasparenza degli atti amministrativi e sull’uso delle tecnologie informatiche per garantire il diritto di accesso a chiunque ne abbia interesse. Tutti fanno anche cenno al Difensore Civico, anche ricorrendo con contratti al Difensore civico regionale. Difensore dunque anche del diritto di informazione e di trasparenza degli atti (ma funziona?).

In definitiva il tema della partecipazione appare estremamente aperto e per questo interessante ai fini di un ruolo autenticamente politico della CM. La bozza di Statuto per la CM di Venezia fa ampio riferimento alla trasparenza e alla accessibilità delle informazioni, anch’essa accenna alle possibilità di avanzare dal basso iniziative istanze, petizioni e proposte, rimandando tuttavia ad un Regolamento la definizione delle modalità di partecipazione. La bozza non contiene invece alcun accenno alla partecipazione dei cittadini e delle loro organizzazioni alla redazione del Piano strategico e del Piano territoriale nonché alla definizione degli obiettivi e delle priorità che in tali piano dovrebbero assumere caratteri vincolanti, da monitorare nel tempo.

La bozza non contiene neppure alcun accenno ai legami che dovrebbero invece sussistere tra la nuova Legge speciale per Venezia e la CMV, dove l’allargamento dei poteri di Venezia nei confronti di “potentati” (porto, aeroporto, ferrovie, provveditorato alle OOPP, concessionari vari, ecc.) oggi determinanti per la sua sopravvivenza è sicuramente il problema centrale. Si rende dunque urgente un contributo di VeneziaCambia 2015 per uno Statuto che faccia della partecipazione attiva dei cittadini un elemento cardine del Governo metropolitano, magari raccordandolo alla questione delle zone omogenee e della possibile organizzazione della loro rappresentanza nei confronti degli organi di governo della CMV. Nello Statuto dovrebbe essere da subito previsto un esplicito riferimento a forme di collaborazione tra cittadini e comuni per la cura e rigenerazione dei “beni comuni urbani” da prevedere nel Regolamento sulla partecipazione.

 

Due proposte “trasversali” per cominciare

Due temi sono decisamente maturi per essere ripensati nella nuova dimensione del governo metropolitano: le politiche la mobilità e i trasporti e le politiche per l’ambiente. Sono due temi assolutamente unificanti dal momento che riguardano tutti i Comuni e affrontati a livello metropolitano consentono miglioramenti della qualità della vita dei cittadini immediatamente percepibili e segnano la strada per un governo del territorio finalmente in grado di rispondere ai bisogni dei suoi abitanti.

 

Per la mobilità e i servizi di trasporto la Città metropolitana può far molto. Oggi la gran parte delle azioni da fare sono “in agenda” da molto tempo, senza tuttavia trovare compiuta realizzazione, con ritardi, incongruenze e sprechi difficilmente giustificabili. Si tratta, ad esempio, di completare e far funzionare con adeguati livelli di servizio il Servizio Ferroviario Metropolitano Regionale (SFMR) e di riorganizzare, su questa base, i servizi automobilistici. Si tratta di procedere alla integrazione tariffaria tra le diverse modalità (da decenni realizzata nelle grandi città europee). Si tratta di ripensare l’accessibilità ai servizi territoriali in chiave di mobilità sostenibile e di reale integrazione del Trasporto Pubblico Locale con gli altri elementi del sistema dei trasporti (automobile compresa).

La città metropolitana è il livello di governo giusto per raccordare e portare a coerenza l’azione dei molti soggetti che agiscono nel campo delle infrastrutture e dei servizi per la mobilità con gli obiettivi e le prospettive di sviluppo e di assetto territoriale. Tali obiettivi, costruiti con i Comuni e le collettività locali, formano la sostanza del Piano strategico e del Piano territoriale. Per redazione e l’attuazione di questi due strumenti fondamentali la Città metropolitana dovrà mettere in campo un importante lavoro di coordinamento (e di riforma) per gli operatori del Trasporto pubblico, di negoziazione con gli enti sovraordinati (come la Regione) e gli operatori nazionali (come Ferrovie, Porto, Aeroporto, società autostradali) di coerente programmazione dell’uso delle proprie risorse (insieme a quelle comunali) in materia di opere viabilistiche e di manutenzione. Tale compito sarebbe straordinariamente potenziato dalla contemporanea istituzione di una Authority dei trasporti, sul modello di quelle di molte città mitteleuropee. Una struttura consortile dove la CM e gli operatori delle diverse modalità di trasporto programmino e ottimizzino l’uso delle proprie risorse in vista del conseguimento degli obiettivi di accessibilità e assetto territoriale definiti nel Piano Strategico e nel Piano territoriale.

 

Il secondo tema strategico è sicuramente l’ambiente, che rappresenta già ora con evidenza il mosaico degli interessi comuni dei diversi territori che formano la città metropolitana. L’ambiente inteso come qualità delle acque, alimentazione delle falde acquifere, governo del rischio idrogeologico, prevenzione delle inondazioni. Ma anche l’ambiente come fattore di salute, riduzione dell’inquinamento dell’aria e del consumo di suolo. E ancora l’ambiente come tutela della biodiversità, garanzia della qualità dei prodotti agricoli, difesa dalle epidemie.

Non tutto quello che la Provincia di Venezia ha prodotto in termini di conoscenza e di politiche ambientali è da buttare via, anzi. Una “Città metropolitana resiliente” recitava il titolo del recente incontro organizzato dalla Provincia di Venezia e dall’Università IUAV per presentare i risultati di una ricerca sulla integrazione tra i Piani per l’energia e i Piani di adattamento al cambiamento climatico. Una città metropolitana resiliente: ovvero un territorio capace di reagire senza traumi ai mutamenti ambientali, adattandosi con opportuni cambiamenti e con capacità di trarne vantaggio. Dalla ricerca emergeva una conoscenza ampia e un metodo tecnologicamente avanzato per riconoscere le vulnerabilità di ciascun territorio e le cause che danno origine a tali vulnerabilità..

Un buon Piano strategico della Città metropolitana può partire da qui: dal riconoscimento della vulnerabilità dei territori e delle sue cause, avviando attraverso una intensa azione politica di concertazione tra le istituzioni e di partecipazione dei cittadini le azioni necessarie a rispondere a quelle criticità (rimuoverle, mitigarle, compensarle).. Dunque un Piano capace di intervenire sulle cause, senza trasferire i problemi da un territorio all’altro o da un comparto ambientale all’altro, trovando soluzioni condivise e riconoscendo le necessarie priorità. Nella consapevolezza che il futuro sarà dominato dai problemi conseguenti al mutamento climatico, e che esse riguardano tutte le dimensioni economiche e sociali della collettività.