Le torsioni della storia. Alcune note sulla storia del Messico.

Le torsioni della Storia

Alcune note sulla storia del Messico, forse utili per le nostre vicende contemporanee

La parabola, più volte ripercorsa anche in chiave letteraria, di Massimiliano d’Asburgo, imperatore del Messico, è esemplare per chi voglia riflettere su come alleanze e posizionamenti geostrategici possano facilmente sperimentare ribaltoni, voltafaccia et similia.

Alcuni elementi per poter ragionare sullo specifico evento storico.

Massimiliano d’Asburgo è erede cadetto della casa regnante austro-ungarica. Il fratello maggiore, Francesco Giuseppe, come noto, è personaggio chiave delle vicende europee e italiane della seconda metà del XIX secolo e sino alla Prima Guerra Mondiale.

Massimiliano diventa viceré del Lombardo-Veneto nel 1857 e si fa subito apprezzare per le sue idee liberali. Il ruolo di governatore dura però poco: nel 1859 la seconda guerra d’indipendenza mette fine al suo incarico. Si ritira a Trieste dove soggiorna presso il Castello di Miramare che si è fatto costruire.

Il Messico intanto sta vivendo una fase di grande conflitto tra la vecchia nobiltà di origine spagnola e la nuova classe dirigente repubblicana. I monarchici messicani sono alla ricerca di un re e prendono i primi contatti con Massimiliano d’Asburgo per saggiarne la disponibilità.

Lo scontro tra la Francia e i discendenti della comunità britannica per il dominio sulle terre del Nordamerica dura da tempo. Napoleone III decide di approfittare della fragilità interna degli Stati Uniti, in preda a una lacerante guerra civile, per intervenire in Messico e cercare di occupare una parte rilevante dell’America Centrale.

Benito Juárez1, primo presidente indigeno del Messico repubblicano, viene deposto dai francesi.

Nel 1863 finalmente Massimiliano accetta la corona messicana offertagli da Napoleone III e dalla nobiltà messicana.

Nel maggio 1864 il nuovo imperatore del Messico sbarca a Veracruz. La lotta di resistenza repubblicana capeggiata dall’ex presidente Juárez continua: una lotta senza quartiere sia contro i francesi che nei confronti del nuovo monarca.

Massimiliano tenta una mediazione con Juárez ma questi rifiuta di riconoscere la monarchia; l’imperatore decide di usare allora le maniere forti e fa giustiziare buona parte dei prigionieri politici repubblicani.

Nel maggio del 1865 ha termine la guerra civile americana. Gli Stati Uniti cominciano a rifornire di armi i repubblicani messicani con l’evidente intento di contrastare l’influenza francese nella regione. Nel 1866 Napoleone III prende atto della crescente egemonia nord-americana e ritira le proprie truppe.

Siamo di fronte a una piena applicazione della Dottrina Monroe (sancita nel 1823): “l’America agli americani”. Nessuna presenza europea sarà più tollerata nel continente americano: e questo vale in primo luogo per francesi e spagnoli.

Massimiliano decide di continuare da solo la lotta contro i repubblicani messicani, finché nel maggio del1867 dopo un tentativo di fuga viene arrestato e un mese dopo fucilato.

L’avventura americana dell’erede della casa d’Asburgo sarà durata solo tre anni. L’imperatore Francesco Giuseppe aveva sin dal primo momento osteggiato l’iniziativa del fratello minore e per ripicca lo aveva privato di tutti i titoli di cui godeva presso la casa regnante austriaca.

Morale della favola.

Primo, un Napoleone, sia pure alla lontana imparentato con colui che aveva messo a soqquadro l’Europa tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, sceglieva, per ironia della sorte, proprio un Asburgo per tessere le proprie manovre in America. Della serie, i nemici possono essere degli ottimi alleati contro altri nemici (in questo caso, gli Stati Uniti).

Secondo, gli Stati Uniti, che in precedenza avevano ostacolato con ogni mezzo lo sviluppo dell’America Latina nella prima fase post-coloniale, scelgono ora la parte più progressista della società messicana. Lo fanno con le stesse motivazioni di prima: nessuno deve contrastare i propri progetti di egemonia economica e militare nella regione centroamericana, tanto meno i francesi.

Il Messico aveva già provato sulla propria pelle le ambizioni e lo strapotere statunitense: con la perdita di metà del proprio territorio a seguito dell’annessione unilaterale del Texas nel 1845 e della successiva guerra di occupazione statunitense 1846-1848.

Di fatto, i repubblicani messicani pagheranno un caro prezzo per questo contingente sostegno: la vera invasione messicana sarà la loro e porterà a un dominio economico incontrastato durante la trentennale dittatura di Porfirio Díaz alla morte di Benito Juárez, con l’acquisizione forzosa e fraudolenta di terre e risorse naturali messicane da parte di gruppi economici e finanziari statunitensi.

Chi fece le spese di questa singolare stagione della storia messicana fu un cadetto, un po’ romantico e un po’ liberale, che aveva deciso di giocare tutte le proprie carte in un sogno americano finito tragicamente il 19 giugno 1867.

PS: Un interrogativo: chissà come racconteranno gli storici del XXII secolo la guerra russo-ucraina, la fine del regime di Assad in Siria, e l’interminabile conflitto israelo-palestinese? Chissà quali capovolgimenti di alleanze descriveranno guardando al nostro tempo e agli sviluppi politici nella seconda metà del XXI secolo? La storia spesso si ripete. Come diceva il “Moro” Marx, a volte come tragedia e a volte come farsa.

1Benito Juárez è considerato dai messicani come il vero padre della patria: a lui si devono importanti riforme liberali e la strenua difesa dell’indipendenza nazionale repubblicana. Per una piccola ma significativa torsione della Storia, un giovane socialista romagnolo, Alessandro Mussolini, decise di omaggiare la memoria del defunto presidente messicano Juárez dando al suo primogenito il nome di Benito. Mai destini furono più diversi: liberatore del proprio popolo il primo, oppressore di quello italiano il secondo. Peccato che oggi in giro per il mondo il nome di Benito sia troppo spesso associato alla storia del fascista e non a quella dell’indigeno progressista.

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